THERE IS SOMETHING IN THE UNIVERSE
 
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TRACKLIST :
1. prologue
2. the plio-scene is away
3. weird voices inside my head
4. please, destroy the piano
5. he will be killed tomorrow
6. in a complete solitune
7. you are no one, like everyone
8. dragged down into the bottomless hole
9. they can't get inside of you
10. the house is surrounded
11. interlude double
12. i know his crimes
13. do you remember that ?
14. of course, i'm guilty
15. there is something in the universe

1'30
5'18
3'19
3'25
1'22
2'58
3'29
2'47
3'19
5'39
2'04
3'58
3'20
4'00
4'38

 
51'06


this album was written and produced in 2002, 2003 and 2005 - it was released in 2006 on DisastersByChoice

OCTOPUS
Avec There is something in the universe, Laurent Girard poursuit un chemin pop électronique discret mais exigeant. Celui qu'on désigne parfois par l'étiquette de « petit prince français de l'electronica » construit des mélodies instrumentales tantôt simples et évidentes, tantôt tordues et alambiquées. Mais ce qui frappe à l'écoute des quinze titres de cet album, c'est la continuité climatique de l'ensemble. Un climat intimiste et léger, brumeux et mélancolique, bricolé avec coeur et attention dans l'intimité d'un home studio que l'on devine surtout encombré d'attentes et de rêves plus que d'une multitude d'instruments. Pas de tension dans ces morceaux, mais une succession d'images mentales apaisées, un paysage pluvieux, un dimanche solitaire, une errance nocturne dans la ville endormie et ce titre, mystique et énigmatique, qui nous parle de quelque chose dans un univers à la fois proche et lointain.
Gérard Nicollet



ONDAROCK

Una musica nata per caso.
La storia che porta questo adolescente mai cresciuto a comporre le sue musiche è molto tenera e singolare. Dall’età di 10 anni, con i pochi strumenti a disposizione, si è cimentato nel proporre i suoi sogni, i colori dell’arcobaleno, attraverso ingenui acquarelli elettronici. Acquisita esperienza con i propri giocattolini, e passato diverso tempo, all’età di 24 anni, entra in contatto con un certo Glen Johnson, sì, proprio lui, il frontman dei Piano Magic. Il fortuito incontro avviene attraverso la richiesta di un disco degli Isan, "Beautronics", tramite l’etichetta di Glen (una sublabel della Rough Trade, la TugBoat Records). In contemporanea, Laurent, spedisce alcune cassette con i suoi motivetti registrati, tentando la fortuna. Il destinatario apprezza ed è in questo istante che inizia la carriera di Melodium, con il primo 7", il meraviglioso "Rhythmi".

Esplorando in lungo e in largo tutte le potenzialità espressive della commistione tra strumenti acustici e strambi trattamenti elettronici, in questi anni, Laurent, è riuscito a cesellare una delle formule più interessanti e attraenti in un ambito così affollato e in crisi di sovrapproduzione. Attraversando con cautela e attenzione i suoi tratteggi sonori, si può percepire un qualcosa di tradizionale ma al contempo estraneo, una mistura di sensazioni differenti, piccoli rintocchi gentili, un soffio di freddo vento glaciale, caldi ritmi danzanti.
Particolarmente significativi, per quanto riguarda la produzione passata, il primo disco sulla lunga distanza "QuietNoiseArea", e il recentissimo "La Tête Qui Flotte". Due rigoli di rugiada freschissima, pungenti e dolci, pacati e timidi nel loro modo di entrare in contatto con le corde emozionali.

Concentrandosi sul disco in questione, c’è una prima cosa da sottolineare: è pubblicato da un’etichetta italiana, romana, per la precisione. La Disasters By Choice. Uno dei fondatori della label, Salvo Pinzone, si è interessato da sempre alla musica di Melodium, pubblicando diversi dischi anche in passato, supportando il musicista in fase di mixaggio. L’etichetta rappresenta una realtà di grande valore artistico nel panorama italiano, dimostrando come l’ambiente indie , nel nostro paese, sia più vitale di quanto si pensi in genere.
L’opera è una scatola colorata, che sprizza colori sconosciuti, quando si chiude su sé stessa, schiva e timida, quando rivela tutte le sfumature, emanando melodie giocattolose e ripetitive, componendo la colonna sonora adatta a un mondo decorato da un mattino soleggiato e un pomeriggio mai troppo dolente nel dover lasciare spazio alla notte.

Le quindici tracce qui proposte contribuiscono nel creare un’atmosfera pacata e sognante, attraverso l’uso moderato e gustoso di manipolazioni elettroniche, un utilizzo mai eccessivo né disturbante, solo un elemento per rendere più intenso l’apporto dato da tutti gli strumenti usati: la chitarra acustica, quella elettrica, qualche nota di banjo, varie percussioni elettroniche e non.
"Prologue" è una introduzione quantomai interrogativa, sorretta da dondolanti loop estatici, la successiva "The Plio-Scene Is Away" smembra il normale andamento di un accordo innocente e inconsapevole, sovrapponendo, mano a mano che il tempo passa, cigolanti timbri glitch, rumorini metallici, sibili soavi, gracili strutture minimali.

Soave motivetto primaverile in "Weird Voices Inside My Head", decorato da un beat claudicante, reso lucente da una nota di chitarra che scappa veloce, lasciando dietro di sé una scia piena di colori vivaci. Scoppiettio intermittente nella stupenda "Please, Destroy The Piano". Un synth balzella come una pallina di gomma, scomposizioni synth-etiche sfasciano e ricuciono, implosioni elettroniche sconquassano tutto. Un gioiellino guarnito da una patina rigogliosa. Coppia di episodi ombrosi: rimbalzi di chitarra nella oscura "He Will Be Killed Tomorrow", desolazione e ossessioni in "In A Complete Solitune".

Appare la voce con un fare estasiato, attorniata da una musica inusuale e cullante ("You Are No One, Like Everyone"), singulti si fanno largo proliferando con velocità inimmaginabile in "Dragged Down Into The Bottomless Hole".
Nella seconda parte del disco, si sentono forti somiglianze con un artista dalle coordinate musicali simili, un altro francese, Montag.
In episodi come "The Can't Get Inside Of You" o "The House Is Surrounded", si ravvisa una forte volontà di ricerca, senza la fossilizzazione su certe linee melodiche già troppo battute. Inoltre, le similitudini con il conterraneo si fanno sempre più presenti, quasi i due si fossero inconsapevolmente accordati per lavorare insieme.

Alto tasso di creatività nel finale, attraverso la sequenza di tre gemme a nome "I Know Is Crimes", "Do You Remember That?" e "Of Course, I'm Guilty". La prima effigia un ritmo schiamazzante, con ancora la voce a supporto, la seconda sfiora il limite della musica concreta, ibridando campionamenti e composizione tradizionale, la terza è un’amabile canzonetta scomposta.
Conclude con dolcezza e tatto l’amabile title track , impreziosita da xilofoni, nastri in reverse , deliziosi rumorini con il sorriso smagliante.

"C’è qualcosa nell’universo", recita il titolo. Ad oggi, l’unica stella meritevole d’aver luce propria è questa opera, silenziosamente attraente e velocissima, vagante nello spazio immenso.